Fabio Imperiale nasce a Roma nel 1981. A tre anni apre la porta di casa e dietro ci trova un gorilla. Finto. Questo
evento lo rende pauroso e insicuro. Fin da piccolo dimostra una spiccata propensione per il disegno. A sette
anni ottiene la prima commissione, non retribuita, quando la maestra lo incarica di disegnare sulle pareti della
classe l’alfabeto degli animali. Il lavoro viene molto apprezzato, soprattutto dalle compagne di classe e Fabio,
stimolato dall’improvviso successo, comincia a disegnare senza sosta. Sui quaderni, sui banchi, sui muri di casa,
anche su costosissime enciclopedie. I genitori, preoccupati per la preziosa biancheria, provano a dissuaderlo
dall’intraprendere la “pericolosa” carriera di pittore. Fabio, pauroso e insicuro, si lascia dissuadere, e relega
il disegno allo scomodo ruolo di passatempo. Ciò nonostante, nel tempo, non mancano le soddisfazioni: ad
esempio, durante gli anni del liceo classico, la caricatura del suo compagno di banco diventa vera e propria
icona dell’istituto e vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Ma non basta a risvegliare in lui l’assopito
istinto pittorico. E altrettanto invano trascorreranno gli anni degli studi grafici. Sarà una delusione d’amore,
all’età di ventitré anni, a ridare vigore alla sua passione. Così, per recuperare il tempo perduto, Fabio si getta
a capofitto, da autodidatta, nello studio teorico e pratico della pittura. Ma, come al solito, si prende troppo
seriamente. Infatti dapprima si crede Picasso, poi Matisse e Modigliani. Da quando ha capito di non essere
nessuno, il suo lavoro è notevolmente migliorato. Tuttora, questa biografia è la sua opera più consapevole.